Riunione 17 ottobre 2018 Gruppo Seniores
In seguito alla riunione tenutasi a Milano il 25 settembre 2018 abbiamo organizzato a Firenze un incontro con il gruppo Seniores al fine di fare un nostro contributo con proposte mirate: dagli intervenuti emergono i seguenti spunti/suggerimenti.
Principalmente l’intera platea concorda sul fatto che occorra necessariamente puntare di più su una comunicazione efficace ma attraverso i nuovi mezzi di divulgazione quali i social media, in modo da contrastare sulle stesse piattaforme la comunicazione del movimento 5 stelle. Le comunicazioni dovranno essere preparate da riconosciuti professionisti del settore che sappiano essere altrettanto efficaci rispetto ai professionisti che sicuramente curano le comunicazioni del movimento 5 stelle. Su questo punto la platea dà mandato di investire risorse economiche allo scopo e si suggerisce anche di avvalersi di accreditati professionisti di riconosciuta autorevolezza (es. Cazzola, Benelli) che coadiuvino i “comunicatori” per un’informazione percepita come seria, vera, obiettiva e non di parte.
Dalla platea emerge inoltre una disponibilità di massima anche a manifestazioni “di piazza” o comunque partecipative purché adeguatamente precedute da un’informazione all’opinione pubblica tale che le manifestazioni possano essere percepite non come la difesa di un privilegio ma di un diritto che si è meritatamente acquisito in una vita di lavoro, facendo percepire il peso di carriere faticose e cariche di responsabilità che talvolta producono conseguenze anche in momenti successivi al pensionamento.
Viene fatto presente che il calcolo pensionistico che dà come risultato la pensione ora definita “d’oro” è lo stesso identico calcolo che viene fatto per tutti coloro che percepiscono pensioni anche più basse ma pur sempre calcolate col metodo retributivo. Il calcolo restituisce un importo più elevato solo perché tiene in considerazione retribuzioni più elevate ma che, durante la vita lavorativa, hanno anche generato una contribuzione all’Inps proporzionalmente più alta. Anzi in realtà il sistema retributivo era stato pensato dal legislatore come un sistema solidaristico ed infatti chi ha retribuzioni più alte ha rendimenti progressivamente minori, questo proprio per favorire le pensioni più basse. Il legislatore del retributivo non aveva dimenticato la solidarietà. Se quindi con il provvedimento in questione, si ritiene che sia il metodo retributivo a togliere risorse al sistema previdenziale, perché non istituire un contributo proporzionato alla prestazione a carico di tutti coloro che in misura diversa ne beneficiano? Pagare tutti, pagare meno!
Neppure va dimenticato che la pensione deve tenere in giusta considerazione anche la tipologia del lavoro svolto durante tutto l’arco della vita lavorativa e dobbiamo ricordare che gli incarichi dei manager sono per loro natura carichi di responsabilità e problematiche che arrivano a gravare anche sulle loro famiglie.
Altro argomento significativo è che il taglio alle pensioni “d’oro” tende dichiaratamente a redistribuire le risorse provenienti dal taglio per integrare maggiormente le prestazioni minime e sociali. Si richiama l’attenzione sul fatto che i trattamenti che beneficerebbero degli incrementi sono prestazioni assistenziali e non previdenziali e quindi devono risultare a carico della fiscalità generale e non della previdenza. In questa ottica è più corretto definire questo prelievo una “tassa di solidarietà” e non un “contributo di solidarietà” e questa definizione dovrebbe risultare chiara nelle nostre comunicazioni all’opinione pubblica.
Si osserva inoltre che le quote di pensione che superano i 90 mila euro che sarebbero oggetto di decurtazione sono sottoposte alla fiscalità marginale che supera il 43%, perciò sono quote di pensione, che in effetti, restituiscono alla fiscalità quasi la metà del loro valore. Si pone l’accento sul fatto che le prestazioni sociali che beneficerebbero di tale redistribuzione sono invece quasi esenti fiscalmente con un impatto sicuramente negativo sul gettito fiscale. Riguardo poi alle prestazioni oggetto di taglio vengono mediaticamente individuate come quelle che “superano i 4.500 euro netti” al mese mentre nella proposta di legge ci si riferisce a 90 mila euro lordi che possono produrre un risultato netto mensile diverso per effetto delle addizionali Irpef regionali e comunali a seconda che il pensionato sia residente in un comune piuttosto che in un altro.
Si riflette inoltre sul fatto che il provvedimento penalizza i manager del settore privato che, sia nel passato che attualmente, vengono stimolati dal datore di lavoro all’uscita dall’azienda non appena pensionabili in modo da generare risparmi alle imprese che li occupano. Poiché il provvedimento colpisce maggiormente chi ha avuto un accesso pensionistico precoce, si creerebbe nei fatti una sperequazione fra soggetti pensionati diversi a scapito soprattutto dei lavoratori del settore privato rispetto a quelli del settore pubblico in cui le carriere lavorative sono mediamente più prolungate. Oltretutto il meccanismo di taglio previsto risulta oltremodo iniquo perché penalizza i trattamenti pensionistici che hanno consistente copertura contributiva ma erogati a pensionati più giovani ed invece non procura nessun taglio a pensioni liquidate a persone più vecchie che però hanno carriere contributive minime. Questo paradosso destituisce di ogni fondamento le dichiarazioni del movimento 5 stelle che sempre dichiara che “vengono colpite le pensioni che non hanno copertura contributiva”.
Si osserva inoltre che nelle ultime ore si parla nuovamente di bloccare la perequazione sulle prestazioni pensionistiche di importo anche molto più basso rispetto ai 4500 euro (si parla di 2.500 euro nette mensili) talché si disattenderebbe il criterio, anche recentemente ribadito dalla Corte Costituzionale, della provvisorietà di tali provvedimenti in quanto sui trattamenti più elevati sono già sei anni che la perequazione è praticamente bloccata: cosa dobbiamo considerare per provvisorietà? E dopo quanto tempo diventa in effetti definitività?
Si manifesta inoltre una disponibilità negoziale della categoria al Governo finalizzata a contribuire alle necessità del Paese ma non con decurtazioni che vadano ad penalizzare in modo così incidente quelle prestazioni che, lo ricordiamo, sono la risultante di un’autentica e durevole carriera lavorativa a cui corrisponde una contribuzione effettiva e non figurativa. Ricordiamo che sono prestazioni ottenute attraverso l’esercizio di diritti previsti da leggi vigenti tempo per temo sulle quali i singoli pensionati, molti di loro addirittura da ormai tanti anni, hanno riposto un legittimo affidamento.
Si suggerisce inoltre di cercare possibili alleanze anche in organizzazioni sindacali sia di diverso orientamento (cgil, ecc.) che di tipo datoriale.
Non è neppure superfluo far presente che iniziative legislative di questo genere, riferendoci soprattutto alla retroattività delle norme proposte, scoraggiano se non addirittura facciano ritirare investitori anche stranieri da impieghi nella nostra economia: il segnale che si manderebbe sarebbe seriamente preoccupante per chiunque volesse trovare affidabilità perdurante in questo Paese.